Mio figlio è un bullo

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Prepotenza, arroganza, prevaricazione, aggressività, vessazione. Il bullismo è tutto questo e non ha a che fare solo con il conflitto fra vittima e bullo ma è sostenuto da una maggioranza silenziosa (le persone che sanno e non parlano) e dai co-protagonisti che fanno da spalla al prepotente. In tal senso il bullismo è una azione di gruppo.

Ma perché un ragazzo diviene un bullo? Tra i fattori concomitanti l’insorgenza di comportamenti vessanti e aggressivi, riveste un ruolo fondamentale il costrutto culturale che la baldanza sia sinonimo di intelligenza e di forza: “Non mi faccio mettere i piedi in testa”… e così si passa dall’altra parte, quella del prepotente.

La maggior parte dei ragazzi vittima di bullismo arriva a odiare la scuola, gli insegnanti e persino i genitori; per paura dei bulli e i conseguenti traumi emotivi, spesso non entrano a scuola, restano indietro col programma e perdono l’anno scolastico; non confidano le loro angosce a nessuno a causa delle minacce alla loro incolumità fisica; non dormono la notte e sviluppano pensieri catastrofici e paura di morire. Sviluppano, in molti casi, veri e propri disturbi psichici, quali somatizzazioni e disturbi della sfera ansiosa e depressiva.

E la famiglia? Ha il dovere di venire a conoscenza della conseguenze del bullismo, sia che il figlio sia la vittima che il carnefice. Apprendere i meccanismi psichici che possono indurre un bambino – ragazzo ad agire comportamenti prevaricanti e/o a subirli può essere fondamentale per la loro prevenzione.
Ma dal momento che i comportamenti di bullismo si implementano prevalentemente a scuola, anche gli insegnanti possono imparare a riconoscere i prodromi di atti di bullismo vero e proprio, attraverso percorsi di formazione ad hoc che li supportino nel complesso compito educativo, oltre che didattico.

Ed ecco allora che l’alleanza famiglia – scuola può acquistare forza nelle azioni di prevenzione del bullismo. Si rende infatti assolutamente indispensabile, per le istituzioni scolastiche e le famiglie, lavorare sull’incremento dell’intelligenza emotiva nei ragazzi, in modo tale che essi possano riuscire a utilizzare in maniera funzionale l’emozione della rabbia, comprendendone innanzitutto il significato all’interno della fase del proprio ciclo di vita quale la pre-adolescenza e l’adolescenza. Tutti gli attori del sistema sociale (famiglia, scuola, specialisti) sono chiamati a insegnare ai giovani come superare i pregiudizi e le convinzioni sbagliate sul concetto di autostima e di forza; occorre incrementare l’empatia, ossia quella crescita “umana” che prevede la comprensione dello stato d’animo dell’altro e, in questo caso, la capacità di intervenire in aiuto di compagni di scuola vessati, aggrediti, umiliati, minacciati ed emarginati.

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